10 SETTEMBRE 2020
La Corte di Cassazione interviene su una notifica contestata da un legale rappresentante di società estinta trasferita all’estero, ritenendo valida la notifica eseguita in Italia all’ultimo legale rappresentante, nel domicilio fiscale ultimo noto. Riportiamo i passaggi di rilievo.
La Corte, a Sezioni Unite, occupandosi di un procedimento teso alla dichiarazione di fallimento di una società cancellata dal registro delle imprese, ha chiarito che la previsione dell’art. 10 I.fall. (in forza della quale gli imprenditori individuali e collettivi possono essere dichiarati falliti entro un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese), non trova applicazione laddove la detta cancellazione venga effettuata, non a compimento del procedimento di liquidazione dell’ente o a seguito del verificarsi di altra situazione che implichi la cessazione dell’attività, ma in conseguenza del trasferimento all’estero della sede, e quindi sull’assunto che detta società continui l’esercizio dell’impresa, sia pure in un altro Stato, atteso che un siffatto trasferimento non determina il venir meno della continuità giuridica della società trasferita (Cass. S.U. 11/03/2013, n. 5945; vedi anche Cass. 04/05/2018, n. 10793). Del resto, che un soggetto giuridico costituito in forma societaria rimanga tale, anche in caso di trasferimento della sua sede all’estero, si ricava chiaramente da quelle disposizioni codicistiche (artt. 2437, comma primo, lett. c), e 2473, comma primo, c.c.), che attribuiscono ai soci nelle società azionarie e in quelle a responsabilità limitata il diritto di recesso «nel caso di trasferimento della sede all’estero»; e ciò sull’evidente presupposto della continuità della personalità giuridica, ancorchè la società si sia, appunto, cancellata dal registro delle imprese.